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Confetti, usanze e curiosità

4 Maggio 2019
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Chiudete gli occhi. Per un istante potete percepirne il sapore. I classici, inutile ricordarlo, sono alla mandorla, alla nocciola, al cioccolato ma, nel tempo, questi dolcetti dalla tipica ‘increspatura’ si sono fatti via via sofisticati, dai mille colori e dai gusti sempre più raffinati. Alla papaya, alla banana, alla fragola, al caffè, persino alla rosa, oggi non esiste ricorrenza in cui non siano in grado di interpretare la loro parte. Ma se, in Abruzzo, la cittadina di Sulmona vanta la tradizione confettaria più longeva del mondo, per risalire alle origini nella storia del confetto bisogna cercare molto più in là…

Per caso… o per necessità

Ecco dunque che, secondo quanto narra la leggenda – non esistono studi accreditati al riguardo – sia stato un arabo ad averne l’intuizione. Nel tentativo di mascherare il retrogusto amaro di un medicinale, pare che tale Al Razi, questo il nome dell’ipotetico inventore, abbia deciso di rivestirlo con un involucro dolciastro.

Da Roma in poi…

Certo è che già nell’Antica Roma, come confermano le famiglie dei Fazi (447 a. C.) e di Apicio (14-37 d.C.), intimo dell’Imperatore Tiberio, quella di donare ‘bon bon’ dal cuore dolce in occasione di nascite o matrimoni fosse un’usanza consolidata. Il ‘confectum’, come ci insegna l’etimologia stessa della parola – participio passato del verbo ‘conficere’, che sta, appunto, a significare ‘confezionato’ – all’opposto della tradizione moderna, era recato in dono dagli ospiti, in auspicio di un futuro ricco di fortuna e felicità.

Un mistero dall’anima di mandorle, miele e farina – è bene ricordare che lo zucchero venne introdotto in Europa solo nel Quattrocento – che trovò il suo splendore nel 1200, in quel di Venezia, a quel tempo fulcro di scambi commerciali con l’Oriente, ma già era in auge presso i Bizantini. Le classi nobiliari erano infatti solite lanciarli dai balconi in concomitanza di prestabilite celebrazioni. Nel periodo Rinascimentale, venivano offerti in coppe ricolme, in ricevinmenti tesi, tra l’altro, ad onorare i voti di monache e sacerdoti. E pare che persino tra gli artisti del ‘300 se ne celebrasse la piacevolezza.
La scuola Italiana
E in Italia? Custodito nell’archivio di Sulmona c’è il primo documento di lavorazione dei confetti. I segreti dello scritto, risalente al 1492, furono successivamente ereditati dalle monache di Santa Chiara, che nel 1500 svilupparono un’arte vera e propria nel confezionamento dei tipici dolci. E se dalla Francia deriva la leziosa abitudine di offrirli nelle bomboniere, bisognerà attendere fino al 1861 per trovarli nella foggia e nella forma che conosciamo noi oggi.
Secondo l’antica ricetta
Secondo cognizioni odierne, il procedimento si sviluppava in questo modo. Lo zucchero, inserito in un alambicco, immerso in un paiolo di rame appeso al soffitto e di seguito fatto oscillare, in maniera tale che il movimento, sempre più veloce, ne determinasse la forma a noi nota. Oggi, lo stesso risultato si ottiene tramite le ‘bassine’, grosse caldaie di rame, in una lavorazione definita ‘brillo’.
Prima della mandorla…
…esisteva il coriandolo. Eh già, protagonista insita del confetto era proprio la suddetta spezia. Fu nel XVI secolo che in Europa si iniziarono a produrre semi rivestiti di zucchero, da lanciare, a guisa di portafortuna, in virtù delle Feste. Ricercatissimi, dapprima bianchi, poi, alle soglie del XIX secolo, anche colorati, finirono, divenuti ormai troppo cari, per essere sostituiti con i più economici coriandoli di carta.
Un colore per ogni occasione
E così, se il bianco, simbolo per eccellenza di purezza, è e continua ad essere il colore privilegiato dalle spose per celebrare le nozze, piuttosto che le comunioni, il rosa e l’azzurro sono le nuances riservate al battesimo, il verde al fidanzamento, il rosso, pensate, all’esame che si tiene per la tesi di laurea. L’argento e l’oro, rispettivamente,si usano in occasione del venticinquestimo e del cinquantesimo anniversario di matrimonio.
Infine, tradizione vuole che…
…siano contenuti cinque confetti in ogni confezione: questo pretende la regola. Dispari, affinché, in termini di numero non siano divisibili, allegoria del cammino che gli sposi stanno apprestandosi a compiere assieme. Augurio, al tempo stesso, di longevità, salute, fertilità e quant’altro la coppia possa desiderare.
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