In carrozza, oppure in bicicletta. E’ così che, nella necessità di spostarsi, si viaggiava a fine ‘800. Per gli itinerari più lunghi si ripiegava sull’alternativa treno. L’automobile, va detto, rappresentava ancora un bene riservato a pochi. Del resto, erano trascorsi non più di cento anni quando, nel 1769, un ingegnere francese aveva ideato il primo prototipo di veicolo. Azionato a vapore, il Carro di Cugnot – questo l’appellativo – aveva finito per spalancare le porte alla sperimentazione. Brevetto dopo brevetto, nel XIX secolo, la ricerca si fece ingegnosa. Si investigavano soluzioni diverse affinché ci si potesse muovere più scioltamente e individualmente.
Lungimiranza teutonica
Ed eccoli, i due uomini che soverchiarono il destino di noi tutti, cultori delle quattro ruote. Stavolta il merito va alla Germania. A Nikolaus Otto, in particolare, per aver inventato, nel 1876, il motore a scoppio; a Rudolph Diesel che, nel 1892, cesellò, per così dire, gli studi ingegneristici precedenti. Lo sfumare del secolo, d’altra parte, tradusse con sé anche motori a vapore, elettrici, a vela… ma, per arrivare al motore a gas, si dovrà attendere l’incipit del ‘900. Sarà grazie all’acume di Karl Benz che, già nel 1886, si era fatto promotore del primo ‘triciclo’ fornito di grandi ruote a raggi e motore, anche questo, a scoppio. Il modello Victoria vendette, nel giro di un breve periodo, circa un centinaio di esemplari. La versione originale era dotata di asse sterzante, carrozzeria opzionale e capacità di toccare la velocità di venti km orari.
Lo sviluppo italiano
Mentre i tedeschi la fanno da padroni, in Italia, per introdursi nell’universo delle vetture, bisognerà puntare lo sguardo a Verona. Fu nel 1894 che Enrico Bernardi mise a punto il proprio prototipo di auto, estremamente innovativo. Nello stesso anno, nacque, nella città di Padova, la prima industria automobilistica italiana: Miari & Giusti, seguita, praticamente a ruota, dalla
Fiat.
Attraverso la Francia, senza cavalli
Sempre a fine ‘800, un’altra trovata incentivò l’uso dell’inedito mezzo di trasporto. Nel 1894, venne lanciata la prima gara automobilistica del mondo: la Parigi-Rouen, la cui tradizione prosegue ancora oggi. Alla prima edizione presero parte oltre cento piloti, chi con macchine a petrolio, chi a gas, a benzina, a vapore… ma ad aggiudicarsi il podio fu il trattore De Dion Bouton, opera di Albert De Dion. Il regolamento prevedeva che il premio, pari a cinquemila franchi-oro, venisse assegnato ad un veicolo ‘maneggevole, affatto pericoloso ed irrisorio nelle spese di manutenzione su strada’. Una ‘locomobile’ capace di percorrere una distanza di cinquanta km in un lasso di tempo inferiore alle quattro ore; ovviamente, azionato da un sistema propulsivo meccanico.
Non più tardi del Primo Dopoguerra, le strade iniziarono ad affollarsi, quando anche le classi meno abbienti, dati i costi più esigui, poterono avvicinarsi all’innovazione dell’automobile. Stavolta, illuminata dall’occhio di bue, c’è Detroit, dove
Henry Ford si veste ad artefice della produzione di massa. La catena di montaggio, unita al nastro trasportatore, consentiva di ridurre i tempi, con conseguente risparmio sulle spese. Risale al 1896 il ‘Quadriciclo’: un motore a benzina montato su un telaio, arredato da quattro ruote di bicicletta. A distanza di appena due anni nacque la
Detroit Automobile Company, seguita, nel 1903, dalla
Ford Motor Company. Amante della velocità, d’altra parte, già nel 1902, Ford aveva attirato su di sé l’attenzione del mondo finanziario e sportivo, immettendo su strada la 999, un modello di auto da corsa, in grado di raggiungere i centocinquanta km orari.
A. D’altronde, come chiamarla altrimenti? L’automobile a due cilindri, destinata ad essere prodotta su larga scala, indossava un nome essenziale, eppure toccava i settanta km orari. Una poltrona fortunata sulla quale accomodarsi per Ford che, nel giro di due anni, ne vendette circa millesettecento pezzi. Un successo equiparato nel 1908, con il modello T, espressione dell’autentica novità nei ritmi della catena di montaggio. Si arrivò ad assemblare una vettura in soli novantatre minuti. Quandici milioni di auto, secondo i calcoli, messe in commercio tra il 1908 ed il 1927, momento in cui venne sospesa la produzione della vettura.
In seguito agli scontri bellici, la tecnologia Ford venne messa a disposizione delle forze armate. Fu così che il marchio finì per essere esportato anche in ambito militare, ed espandere le sue maglie al mondo dello yachting e dell’aeronautica. Un Colosso – più di un secolo di attività, in cui sono stati prodotti oltre centocinquanta modelli – la cui stella brilla tutt’oggi in quel di Detroit, accanto a Chrysler e General Motors, nell’esigenza continua di accaparrarsi nuovi successi e disegnarsi leader, scelta stilistica a quanto pare intramontabile.