Trattasi, nell’accezione giuridica, dell’unione tra due soggetti – ai fini civili o religiosi, oppure ambedue -, di norma celebrata attraverso una funzione pubblica, con la conseguente assunzione, da parte di entrambi i coniugi, di una serie di diritti ed obblighi reciproci. Del resto, nella giurisprudenza Romana, il matrimunium altri non era se non il legame capace di legittimare la prole nata dall’unione.
Come il patrimonium era la capacità di poter sostentare al meglio la propria figliolanza. Un’istituzione, questa, che ricava le sue radici in tempi antichissimi e che, nel corso del tempo, ha dato il là a tradizioni ed usanze mix di folklore, simbolismo, superstizione e religione…
Al tempo dei Greci contava la convivenza…
Un contratto, stabilito tra colui che disponeva della patria potestà ed il futuro marito. Un accordo valido, tuttavia, solo a patto che fosse seguito da una convivenza. L”εγγυησις, secondo i Greci, era considerata invece illegittima qualora lo stato di coabitazione fosse avvenuto prima di aver stipulato il patto. Il concubinato, insomma, era imprescindibile perché il rapporto potesse essere riconosciuto. In caso contrario, ne sarebbe scaturito l’immediato scioglimento.
D’altra parte, tre erano le condizioni valide per poter annullare il matrimonio: che la moglie se ne andasse di propria sponte, senza voler più tornare; che il marito rispedisse la consorte nella casa genitoriale; che il padre di Lei imponesse la separazione.
Nozze ufficiate a voce
Affinché, dunque, non venisse messa in dubbio la legittimità della coppia, era bene che le nozze fossero ufficiate a gran voce, non essendo disponibili a quel tempo uffici civili in grado di certificarne l’avvenuta celebrazione.
E, se gennaio era considerato il mese per eccellenza da riservare alle cerimonie di questo genere, tra le consuetudini più accreditate c’era, immancabile, il bagno purificatore, presso le fonti sacre di Calliroe ad Atene, dell’Ismeno per i cittadini di Tebe.
… tra i Romani parlavano le carte
Prostituzione, sesso extra coniugale, omosessualità, incesto… gli antichi Romani potevano realmente considerarsi uninhibited. A fronte del ‘tutto è legittimo’, l’unico obbligo era rappresentato dalla monogamia. E se all’inizio, ad accreditare il vincolo bastava la convivenza cum affectionis, con l’avvento dell’ordinamento di Roma si passò per la prima volta a parlare di ‘famiglia legalizzata’, grazie ad una celebrazione pubblica che ne sanciva responsabilià e benefici di fronte alla società tutta.
Ubi tu Gaius, ibi ego Gaia
Ubi tu Gaius, ibi ego Gaia (dovunque tu sia, sarò anche io…), recitava la formula di rito in cui la sposa, dalla soggezione alla patria potestà, passava sotto l’egida del marito. “Un consorzio di tutta la vita”, come lo definiva, all’epoca, il giurista Modestino, che rientrava tra gli obblighi di legge.
Così, se lo sposo, di habitus per le giuste nozze, consegnava pane fresco alla futura sposa nel momento della reciproca conoscenza, la nubenda, a sua volta, era tenuta ad indossare, in occasione dell’evento predisposto secondo i presagi degli Auguri, un abito bianco, un velo arancio ed una corona di fiori tra i capelli.
La ‘fuitina’, il matrimonio dell’alto Medio Evo
Vi siete mai chiesti perché, nell’ambito delle dinamiche della funzione nuziale, la sposa è posizionata alla sinistra dello sposo? Ebbene, per trovare la risposta al quesito occorre retrocedere fino all’età medievale, momento in cui le pratiche matrimoniali, se così vogliamo definirle, risultavano piuttosto cruente.
Era d’uopo, infatti, che lo sposo rapisse, mano destra alla spada, mano sinistra alla donna, la futura consorte, spesso appartenente ad una tribù avversaria, e la tenesse segregata in un luogo introvabile per almeno un mese, tempo necessario perché potesse farla sua.
Fatto sta, l’avvento del Cristianesimo e le successive invasioni barbariche modificarono i costumi, tanto che in periodo giustinianeo si cominciò a biasimare i rapporti fuori dai confini coniugali. Il verbum era la promessa, scritta e firmata, con cui Lui e Lei dichiaravano appartenenza reciproca.
Le regole ecclesiastiche…
L’abitudine, persa in seguito alla decadenza dell’Impero Romano, lasciò spazio a razzie e abusi. Solo nel tardo Medio Evo, grazie al Concilio Lateranense IV del 1215, poterono trovare pace. Per regolamento, la Chiesa Cattolica pretese che il matrimonio divenisse un sacramento indissolubile, basato sul consenso libero degli sposi. Impose l’uso delle pubblicazioni e stabilì l’età minima perché ci si potesse accasare. Disciplinò, inoltre, l’annullamento del rapporto in caso di invalidità: rapimento, violenza, non consumazione, etc.
… e la Riforma protestante del matrimonio
Secondo il principio del
Cuius Regius eius religio furono molti coloro che, nel ‘600, dovettero assoggettarsi alle volontà del proprio sovrano riformato. Così, mentre nei paesi figli dei dettami luterani la registrazione e la regolamentazione del matrimonio passò nelle mani dello Stato, il
Concilio di Trento pose le basi dei pronunciamenti cattolici.
Il
matrimonio civile venne istituito in Francia, nel 1791, in corrispondenza della Rivoluzione. Nel 1875, fu invece il Cancelliere Otto von Bismarck ad introdurlo in Germania, segregando, conseguentemente alla separazione tra Stato e Chiesa, il peso della funzione religiosa a mera procedura privata e legittimando la procedura civile come legalmente valida.